Agrosistemi

I laboratori agricoli sono rivolti a tutte le persone di buona volontà, dai bambini ai grandi, da chi si è fermato alle scuole dell’obbligo a chi ha fatto ricerca a qualsiasi livello.
Una volta frequentati uno o più laboratori ambientali, sarà il momento opportuno di passare ai laboratori agricoli per poi, alla fine, da questi, arrivare ai laboratori alimentari.

I laboratori agricoli hanno lo scopo di far capire l’importanza della produzione agricola di qualità, limitatamente alle produzioni di cibi per gli animali e per l’uomo. 

Quello che proponiamo è un tuffo nelle tecniche agricole volte a ottenere produzioni agricole per quanto possibile rispettose della Natura e che portino a risultati economici soddisfacenti.

Ricordiamoci sempre che la produzione agricola viene svolta su terre sottratte a Cerere.

Gli antroposistemi di tipo agricolo si chiamano agrosistemi.

I laboratori agricoli sono intenzionalmente progettati per creare un’esperienza di  apprendimento culturalmente rilevante e i principi di progettazione adottati sono tesi a mettere al centro di ogni attività gli studenti e, tra le tecniche di produzione agricola, solo quelle tecniche che rispettano la Natura.

Cosa troveranno quanti decideranno di prenotare una visita didattica in questa fattoria?

Sotto riporto il contesto generale delle mie conoscenze su come vorrei arrivare a fare agricoltura, ricordando che ho cominciato a gestire aziende agricole nella seconda metà del  1985, praticando l’agricoltura convenzionale che tutti conosciamo.

Dal Sole al Suolo

Secondo John Kempf, autore del sito Advancing Eco Agricolture, non è il suolo che crea piante in salute.

All’opposto, sono le piante in salute che creano un suolo in salute.

Come?

  1. Tramite il processo di fotosintesi, le piante assorbono energia dalla luce del Sole e molecole di diossido di carbonio CO2 dall’aria per produrre fotosintati Cn(H2O)n ricchi di energia chimica. Tale energia chimica è presente nei legami carbonio idrogeno.
  2. Parte dei fotosintati, dal 20% al 70%, viene trasmessa alle radici.
  3. Le radici, a loro volta, secernono essudati radicali che attirano nella rizosfera [1] e selezionano batteri, funghi e altri microbi. Si tenga presente che gli essudati radicali contengono pochissimi se non zero ioni minerali. Più la pianta si avvicina alla piena capacità fotosintetica più fotosintati produrrà e più fotosintati verranno trasmessi alle radici. Le piante sono organismi sessili, non possono muoversi alla ricerca del cibo, quindi, hanno sviluppato la strategia di attirare gli attori della rete trofica ipogea, tramite l’emissione degli essudati radicali, affinché questi portino il cibo a loro.
  4. Questi microbi, fra cui i PGPR (Plant growth-promoting rhizobacteria) [2], in presenza degli essudati radicali, si attivano e prendono ad agire sulle particelle del suolo (polveri di rocce e necromasse) per liberare (estrarre) da queste ioni minerali di loro interesse e, per inciso, anche di assoluto interesse per le piante, portarli in soluzione e assorbirli nei loro corpi cellulari.
  5. In seguito, alcuni di questi batteri, ricchi di nutrienti minerali, vengono fagocitati dalle cellule degli apici radicali (ciclo rizofagico) [3], permettendo alle piante di nutrirsi di componenti batteriche e di metaboliti batterici di cui hanno bisogno.
  6. Quando le piante sono riuscite a nutrirsi anche dei metaboliti batterici, esse fanno un salto di livello di efficienza fotosintetica. A questo punto, possono iniziare a produrre in eccesso al loro fabbisogno normale e cominciare a sintetizzare e immagazzinare nelle foglie e nei fusti olii e grassi (lipidi), che permettono loro di diventare resistenti ai patogeni.
  7. Una parte dei lipidi prodotti dalla pianta vengono trasmessi alla radice e secreti negli essudati radicali. 
  8. I batteri non sono capaci di digerire i lipidi, e, quindi, questi vengono “mangiati” dai funghi permettendo ai funghi di crescere esponenzialmente, formando nuove micorrize e altre interazioni positive con la pianta. 
  9. La presenza sempre più numerosa di funghi, comporta una ripetuta digestione fungina degli essudati radicali di partenza con umificazione (oltre i funghi non vanno con la decomposizione) delle sostanze iniziali, sostanze iniziali, alla fine, tramutate in sostanza organica stabile (es.: glomalina).

Quindi, se si vuole migliorare il terreno, l’obiettivo è aumentare l’efficienza fotosintetica delle piante coltivate.

Come migliorare l’efficienza fotosintetica delle piante coltivate?

Per inciso, senza le piante terrestri non ci sarebbe il suolo come noi lo conosciamo!

Senza piante ci sarebbero suoli costituiti dalle tre matrici gaiane [4], senza quella parte di biomassa e necromassa che deriva dalle piante (la gran parte, oltre l’80%, vedi immagine sotto), con la presenza di soli microbi:

  1. batteri, 
  2. archaea, 
  3. eucarioti algali, 
  4. eucarioti fungini

e, forse, licheni o organismi licheno-simili (lichen-like). 

Gli ecosistemi terrestri, prima della comparsa delle piante terrestri, sarebbero stati delle biocroste [5] formate dagli organismi sopracitati.

Fonte: P. Nelsen, R. Lücking, C. K. Boyce, H. T. Lumbsch, R. H. Ree, “No support for the emergence of lichens prior to the evolution of vascular plants.” Geobiology 2020 Jan;18(1):3-13.

Le tundre ospiterebbero al più solo i licheni! Niente sfagni, muschi e carici.

E non ci sarebbero i suoli generati dalle piante delle zone umide, delle praterie e delle foreste!

Forse pochi insetti, ma nessun rodilegno, nessun impollinatore (non ci sarebbero fiori… che tristezza!), nessun succhiatore di linfa e tanti altri tipi di insetti la cui vita dipende dalla presenza delle piante.

Soprattutto niente erbivori e, di conseguenza, niente carnivori terrestri e niente uomo!

E ci sarebbero i funghi? I funghi che hanno aiutato le “piante” a colonizzare le terre emerse?

Senz’altro i funghi sarebbero presenti, ma la loro dieta sarebbe oltremodo limitata! Non essendoci simbiosi micorriziche, né legno e altri residui vegetali sulle terre emerse (per l’assenza di piante terrestri), i funghi terrestri si dovrebbero accontentare di vivere in simbiosi licheno-simili o come parassiti e saprobionti di microbi e loro quantitativamente limitate necromasse.

Fonte: Yinon M. Bar, Rob Phillips, and Ron Milo “The biomass distribution on Earth” Biological Sciences May 21, 2018, 115 (25) 6506-6511. 

Note

[1] Rizosfera

La rizosfera, termine introdotto da Lorenz Hiltner nel 1904, è definita come un sottile strato di suolo che circonda le radici delle piante e ne è influenzato.
Può essere suddivisa in diverse zone distinte:

  1. l’endorizosfera
  2. il rizopiano e
  3. l’ectorizosfera.

La rizosfera è una delle interfacce chiave tra le piante e il loro ambiente, con intensi processi fisici, chimici e biologici indotti dalle radici.
È anche considerata un punto critico per le interazioni tra piante e microbi, perché le radici delle piante rilasciano enormi quantità di carbonio fissato per via fotosintetica nel terreno circostante.
Nella rizosfera, l’essudazione radicale crea tipicamente un microambiente  ricco di nutrienti in cui viene stimolata l’attività microbica.

Gli essudati radicali sono costituiti da un’ampia varietà di composti primari e secondari, tra cui carboidrati, aminoacidi, acidi organici, fenoli, flavonoidi e auxine.

Queste sostanze forniscono un apporto prontamente biodisponibile di nutrienti ed energia per la crescita microbica e agiscono anche come messaggeri per modellare il microbioma della rizosfera.
Il microbioma della rizosfera, definito il secondo genoma della pianta, svolge un ruolo cruciale nella crescita e nella salute delle piante.

[2] PGPR (Plant growth-promoting rhizobacteria)

I rizobatteri promotori della crescita delle piante PGPR sono batteri a vita libera che colonizzano le radici delle piante e ne promuovono la crescita.

I PGPR possono promuovere la crescita delle piante

  • utilizzando il proprio metabolismo (solubilizzando i fosfati, producendo ormoni o fissando l’azoto),
  • influenzando direttamente il metabolismo della pianta (aumentando l’assorbimento di acqua e minerali),
  • migliorando lo sviluppo delle radici,
  • aumentando l’attività enzimatica della pianta,
  • aiutando altri microrganismi benefici a potenziare la loro azione sulla pianta o sopprimendo i patogeni della pianta.

Proteggono le piante indirettamente competendo con i patogeni per i nutrienti scarsi, biocontrollando i patogeni producendo composti ad attività asettica, sintetizzando enzimi lisanti della parete cellulare fungina e inducendo risposte sistemiche nelle piante ospiti.

I PGPR possono aiutare le piante a prosperare in condizioni di stress abiotico, migliorando l’adattamento della pianta, la tolleranza allo stress e la bonifica dell’inquinamento.

[3] Ciclo rizofagico vedi figura sotto.

Fonte: James F. White Jr., professor in the Department of Plant Biology at Rutgers University–New Brunswick.

[4] Matrici Gaiane Ricordiamo che le tre matrici gaiane sono le seguenti:
  1. Aria, matrice gaiana allo stato gassoso: molecole di N2 (78%), O2 (21%), Ar, CO2. …)
  2. Acqua, matrice gaiana, a seconda della temperature e della pressione del luogo, allo stato solido, liquido e gassoso: H2Os, H2Ol, H2Ov
  3. Polveri di rocce e necromassa, matrice gaiana allo stato solido:
    • scheletro (pezzi di roccia, sassi, ghiaie):
    • polveri di roccia (sabbie, limi, argille);
    • necromassa (dead organic matter at all the stages of decomposition before the final step to get CO2, N2, and H2O again).
[5] Biocroste Le croste biologiche del suolo, o biocroste, oggi sono spesso composte da batteri, archei, funghi, cianobatteri, alghe, licheni e briofite in proporzioni variabili. Questi organismi vivono in stretta associazione nei pochi millimetri o centimetri superiori della superficie del suolo e costituiscono la base biologica per la formazione delle croste del suolo.

Di quali input hanno bisogno le piante per essere sane?

Per migliorare l’efficienza fotosintetica delle piante coltivate, è necessario e sufficiente dare alle piante ciò di cui hanno bisogno:

  1. Sole – A parte i giorni con cielo coperto dalle nuvole, la luce del sole, sia nella frazione visibile, sia nelle frazioni invisibili (infrarosso e ultravioletto), può essere limitata da un’eccessiva densità delle piante che si ombreggiano l’una con l’altra.
  2. Aria – Quando il terreno è compattato dal passaggio di mezzi pesanti e/o quando piove e l’acqua ristagna, le radici, che hanno bisogno di respirare, “affogano” temporaneamente, i microbi del suolo aerobici, che sono i migliori collaboratori delle radici delle piante, si mettono in stato dormiente, mentre i microbi del suolo facoltativamente aerobici e quelli anaerobici obbligati, generalmente dannosi alle piante, proliferano.
  3. Acqua – Se l’acqua è troppo poca, i microbi aerobici non hanno un mezzo in cui muoversi, se è troppa affogano e si mettono in stato di dormienza.
  4. Nutrienti – Tutti i nutrienti presenti nelle polveri di rocce sono necessari, non solo azoto, fosforo e potassio; sono necessari tutti: boro, azoto, magnesio, fosforo, zolfo, cloropotassio, calcio, manganese, ferro, nichel, rame, zinco, molibdeno. Il cobalto è essenziale per la sintesi della cobalamina (vitamina B12), che agisce come cofattore necessario per il corretto funzionamento della nitrogenasi nei batteri azotofissatori, in particolare nelle fabaceae. Sodio, silicio, cobalto, selenio e iodio sono considerati nutrienti benefici (funzionali) ma non essenziali.
  5. Rete Trofica del Suolo (Dr. Elaine Ingham – Soil Food Web School)- È necessaria la presenza di tutti gli attori principali (radici di piante vive, batteri, funghi, protozoi, nematodi micro-artropodi e via salendo di livello trofico, fino ad arrivare agli animali vertebrati terrestri: anfibi, rettili, uccelli e mammiferi) ai vari livelli trofici, nelle giuste quantità e proporzioni relative. Infatti, senza una rete trofica ipogea integrale ed equilibrata, difficilmente le piante riescono ad ottenere i nutrienti nelle quantità necessarie per soddisfare i fabbisogni di crescita (moltiplicazione cellulare), sviluppo (differenziazione e specializzazione cellulare), difesa dalle avversità (biotiche e abiotiche) e riproduzione.

Quindi:

  1. per avere un suolo sano dobbiamo avere piante sane (efficaci ed efficienti in termini di produzione fotosintetica)
  2. e per avere piante sane, per via del punto 5 di cui alla lista precedente, dobbiamo avere un suolo sano (una rete trofica del suolo popolosa, attiva e funzionante).

A parer mio si tratta del gatto che si mangia la coda, o, in termini più scientifici, di un processo ciclico interattivo a spirale.

Questo processo ciclico interattivo a spirale può essere

  1. ascendente:
    1. più una pianta riesce a immagazzinare energia (fotosintesi), più essudati rilascia dalle radici e più ricca diventa la rete trofica ipogea;
    2. più ricca diventa la rete trofica ipogea, più nutrienti minerali per tipo e quantità essa passa alla pianta, e, quindi, più sana diventa la pianta;
  2. o discendente:
    1. meno una pianta riesce a immagazzinare energia (fotosintesi), meno essudati rilascia dalle radici e meno ricca diventa la rete trofica ipogea;
    2. meno ricca diventa la rete trofica ipogea, meno nutrienti minerali per tipo e quantità essa passa alla pianta, e, quindi, meno sana diventa la pianta.

A prescindere dalle colture praticate, le nostre pratiche agricole devono essere orientate a favorire la spirale ascendente pianta-suolo-pianta… 

Come si può misurare l'efficienza fotosintetica (salute) di una Pianta?

Per misurare l’efficienza fotosintetica si può utilizzare una grandezza proxy: il grado brix della linfa contenuta nelle foglie della pianta di cui si vuole stimare il grado di salute. Come fare? Si raccoglie un campione di foglie della pianta di cui si vuole seguire lo stato di salute nel tempo. Si porta in cucina (o in laboratorio) il campione, si tritano le foglie per ottenere la linfa. Si prende il rifrattometro, basta un rifrattometro manuale, e si spreme con una mano il tritato di foglie per far cadere alcune gocce sul vetro del rifrattometro. Si chiude il portellino di plastica trasparente sul vetro, si posiziona il rifrattometro contro luce e si procede alla lettura dei gradi brix della linfa ottenuta dalle foglie prelevate. I gradi brix rilevati cadranno in uno dei seguenti intervalli:
  • 0 – 2.9 – se la misura cade in questo intervallo, allora la pianta si trova in uno stato di malattia grave, sta malissimo e presto morirà se non la si aiuta;
  • 2.9 – 7.9 – se la misura cade in questo intervallo, allora la pianta è in uno stato di malattia medio; se nel tempo, con successive misurazioni, i gradi aumentano, allora si ha la prova che la pianta sta camminando lungo un sentiero di guarigione, tanto che, quando arriva a 6 gradi brix, comincia a produrre metaboliti secondari [5]; la pianta è facilmente oggetto di attacchi da parte di afidi, insetti succhiatori e masticatori;
  • 8 – 11.9 – se la misura cade in questo intervallo, allora la pianta è fuori dallo stato di malattia, è sana ma debole, ancora soggetta agli attacchi di insetti ma solo da parte di quelli che hanno un apparato boccale masticatore;
  • 12 – 20 o più – se la misura cade in questo intervallo, allora la pianta è sana e forte e resistente a tutti i tipi di attacco, sia da parte di funghi biotrofi che da parte di afidi e insetti, cavallette a parte.

Il Dr. Dykstra è un entomologo specializzato, tra le altre cose, nello studio del comportamento alimentare degli insetti. 

I suoi studi e le sue ricerche, l’hanno portato a sostenere che gli insetti, che si nutrono di piante e loro parti, esempio linfa, attaccano (mangiano) solo piante che non sono sane.

Quindi, tra l’altro, tali insetti non sono nostri competitori perché noi (Homo sapiens) dovremmo mangiare solo piante sane, ossia piante che  nella linfa delle foglie presentano dai 12 gradi brix in su.

Fonte: Dr. Thomas Dykstra

Note

[6] Metaboliti secondari (vedi figura sottoriportata)

I metaboliti secondari sono composti organici prodotti dalle piante che non sono essenziali per la loro crescita, sviluppo o riproduzione.
Essi sono un ampio gruppo di composti chimici che svolgono un ruolo cruciale nella difesa delle piante e nell’adattamento delle piante al loro ambiente.

Fonte: Sinha, K. Sandhu, N. Bisht, T. Naliwal, I. Saini and P. Kaushik “Ascertaining the Paradigm of Secondary Metabolism Enhancement through Gene Level Modification in Therapeutic Plants” J Young Pharm, 2019;11(4):337-343A

Fonte: John Kempf, autore del sito Advancing Eco Agricolture.

Come si può vedere dalla piramide della salute delle piante, anche John Kempf è d’accordo col Dr. Dykstra: una pianta in salute è una pianta completamente resistente alle malattie e agli insetti. Sotto il dettaglio dei quattro livelli della piramide.

Quali pratiche agricole sono contrarie alla salute di una Pianta?

  1. Distribuire insetticidi, fungicidi ed erbicidi – Tutte le classi di biocidi hanno effetti dannosi o letali su parte della rete trofica del suolo, rompendo maglie della rete, riducendo così i benefici che le piante possono trarre dalle interazioni con la rete trofica in rapporti di libero scambio e di scambio simbiotico.
  2. Apportare fertilizzanti a base di sali – Quando le piante ricevono sali di azoto o altri elementi, smettono di emettere essudati radicali; in questo modo:
    1. diminuisce drasticamente la creazione di nuove associazioni micorriziche,
    2. si interrompono i cicli rizofagici e
    3. più in generale, diminuiscono le interazioni positive con i rizobatteri promotori della crescita delle piante.
  3. Impiegare piante geneticamente modificate – Le piante geneticamente modificate presentano gradi brix più bassi delle piante non geneticamente modificate; le piante OGM presentano uno stato di salute scarso e sono facile attacco da parte di afidi e insetti.
  4. Costruire serre in vetro o in teli plastici (es.: polietilene) – La presenza di un vetro o di un telo plastico seleziona la radiazione solare bloccando parte delle radiazioni invisibili sia nell’ultravioletto sia nell’infrarosso; queste radiazioni hanno effetti positivi diretti e complementari alla radiazione visibile sul metabolismo delle piante, effetti che in presenza di vetro o plastica vengono a mancare. Per esempio, tre aminoacidi assorbono nell’ultravioletto: Fenilalanina 240-265 nm, Tirosina 275 nm, Triptofano 280nm, mentre i ponti disolfuro formati tra i gruppi tiolici presenti in due residui di cisteina assorbono a 150 nm.

Fonte: Dr. Thomas Dykstra

Tohhhh! Proprio le operazioni di punta che hanno permesso di ottenere rese sempre più alte secondo i dettami della Rivoluzione Verde.

Peccato che la qualità dei cibi che mangiamo sia giusta per gli insetti e non per l’uomo. 

Mi sembra inevitabile che le malattie croniche e degenerative siano in aumento nella popolazione umana e comincino a manifestarsi su individui sempre più giovani. 

L’agricoltura, piegata alla logica del profitto, produce sempre più cibi ma sempre meno nutrienti, quando non nocivi alla salute. 

Non produce più cibi di qualità per il nostro organismo ma cibi di scarto, buoni al più per gli insetti.

Il giorno 7 Gennaio 2025, ho misurato i gradi brix delle foglie di radicchio Treviso precoce Bio che coltivo in un orto (presa # 4 sud), dove non faccio trattamenti né concimazioni dal 2001. Risultato? 6.5 brix!

La strada per riportare il radicchio Treviso precoce Bio da 6.5 brix ad almeno 12 brix o più, mi pare lunga e impegnativa.

Ma non mi scoraggio.

Nel mio caso, non uso pesticidi, non uso fertilizzanti a base di sali, non uso piante OGM e gli ortaggi non sono coperti da teli di plastica.

Però, nel 2000, ho mosso la terra per costruire un capannone agricolo e probabilmente la rete trofica del terreno non è integrale ed equilibrata come le piante vorrebbero per misurare i 12 o più gradi brix fogliari.

Il giorno 12 Gennaio 2025, ho misurato i gradi brix delle foglie di cavolo cinese Bio che coltivo in un orto (presa # 2 prima del drupaceto), dove non faccio trattamenti né concimazioni dal 1997, salvo letamazione con letame aziendale. Risultato? 7.6 brix! Già meglio, ma ancora insufficiente.

Sto mangiando cibo buono per gli insetti!