Che cosa sono i patterns?

Nelle parole di Mollison, per cominciare, i patterns sono forme che la maggior parte delle persone comprende e ricorda.

I patterns sono fondamentali per la progettazione in permacultura, in quanto rappresentano le strutture sottostanti presenti in natura che ottimizzano

  • i flussi di energia,
  • la distribuzione della materia e
  • la resistenza e la resilienza del sistema.

Osservando e comprendendo i patterns, i permacultori possono progettare paesaggi, insediamenti umani e sistemi agricoli che imitano i processi della natura.

Un pattern è una forma o una struttura che si ripete in natura e che organizza materia ed energia in modo efficace ed efficiente.

Un pattern, in altre parole, è una disposizione naturale di elementi che massimizza la funzione, minimizza lo spreco di energia e materia, e aumenta la stabilità e la resilienza degli ecosistemi.

I patterns sono forme, derivate dai processi ecologici che dettano l’organizzazione, il flusso e l’interazione di energia, materia e organismi viventi nel tempo e nello spazio. 

Essi possono suggerire le scelte progettuali da prendere per creare sistemi rigenerativi e autosufficienti.

Resilienza

La resilienza è uno dei concetti chiave della Systems Biology, la biologia dei sistemi.

La biologia dei sistemi è un campo interdisciplinare che si concentra sulle interazioni complesse tra le singole componenti di un sistema biologico piuttosto che studiare le strutture e le funzioni delle singole componenti.

Il grande merito di questa disciplina è quello di mettere in evidenza le interconnessioni tra le componenti del sistema e come al variare dello stato di una componente possano variare gli stati di altre componenti, a tutti i livelli: genetico, metabolico, cellulare, intercellulare, tra cellule di uno stesso tessuto, tessuti di uno stesso organo, organi di uno stesso sistema d’organo, individuo multicellulare, tra individui della stessa specie, tra individui di specie diverse all’interno di uno stesso regno, tra individui di regni diversi all’interno di una comunità, …

In un suo articolo del 1973, C. S. Holling, un ecologo, introdusse il concetto di resilienza , in cui ne sottolineava l’importanza nei sistemi ecologici. Egli distingueva due tipi di resilienza:

  • resilienza ingegneristica o resistenza: si concentra sulla capacità di un sistema di resistere a un disturbo e sul tempo di ritorno all’equilibrio da parte di un sistema dopo un disturbo, senza cambiare lo stato di equilibrio (equilibrio iniziale = equilibrio finale). È una misura della capacità e della velocità con cui un sistema può tornare allo stato di equilibrio (processo omeostatico); un disturbo oltre la resistenza del sistema porta alla rottura o alla morte del sistema;
  • resilienza ecologica: enfatizza la capacità del sistema di cambiare e persistere nonostante le perturbazioni, evidenziando l’esistenza di stati di equilibrio diversi dallo stato di equilibrio iniziale (processo omeorretico).

Esempio di resilienza ecologica: Ecosistema forestale 

Una foresta può resistere a perturbazioni come incendi o disboscamenti (resistenza e resilienza). 

Dopo un incendio, tramite una risposta di feedback negativo, una foresta può recuperare la sua struttura e la sua biodiversità, dimostrando resistenza (resilienza di tipo ingegneristico).

Tuttavia, se il disturbo è troppo grave, come un incendio catastrofico, il sistema ambientale dallo stato di foresta può passare allo stato di prateria, portandosi su uno stato di equilibrio diverso dal precedente (foresta → prateria). Questo è un esempio di resilienza ecologica. Nel tempo potrà tornare allo stato di foresta, e, probabilmente, con composizione e caratteristiche diverse dalla foresta originaria.

Quindi i sistemi biologici (organismi viventi ed ecosistemi) sono al contempo sistemi omeostatici e sistemi omeorretici.

Resistenza: la capacità di resistere alle perturbazioni ritornando allo stato di equilibrio iniziale.
Tempo di Recupero: la velocità in cui un sistema può tornare al suo stato originale dopo un disturbo, interno o esterno al sistema.
Adattabilità: la capacità di evolversi e cambiare in risposta a un disturbo.

Equilibrio omeostatico

L’equilibrio omeostatico si riferisce alle condizioni interne di equilibrio mantenute dagli organismi viventi nonostante i cambiamenti interni o esterni. 

L’equilibrio omeostatico privilegia la stabilità.

I sistemi biologici regolano il loro ambiente interno per mantenere uno stato costante attraverso retroazioni (o risposte) negative, di contrasto agli effetti del disturbo.

I meccanismi omeostatici assicurano che le variabili (come la temperatura, il pH e le concentrazioni di ioni) rimangano all’interno di un intervallo ristretto.

Per esempio, consideriamo la temperatura del corpo umano. 

Il corpo umano mantiene una temperatura interna di circa 37°C (98,6°F). Quando la temperatura aumenta (ad esempio, durante l’esercizio fisico), meccanismi di risposta come la vasodilatazione e la sudorazione aiutano a dissipare il calore, riportando il corpo al suo valore di riferimento omeostatico.

Altro esempio, la comparsa di organismi fotosintetizzanti ossigenici.

Equilibrio omeorretico

L’equilibrio omeorretico descrive una forma più flessibile di equilibrio. Esso è associato ai processi di sviluppo e ai cambiamenti a lungo termine. 

L’equilibrio omeorretico privilegia l’adattabilità.

I processi omeorretici consentono di comprendere l’adattamento al cambiamento nel tempo.

Non si tratta di mantenere costanti le variabili tramite retroazioni negative, ma di gestire i cambiamenti che si verificano in seguito a disturbi critici e innescano cicli di retroazioni (feedback) positive.

A differenza dei meccanismi omeostatici, i processi omeorretici comportano il cambiamento dello stato di equilibrio iniziale verso uno stato di equilibrio nuovo.

Per esempio, consideriamo la crescita e lo sviluppo di un animale. 

Durante la pubertà, il corpo subisce cambiamenti significativi guidati dalla regolazione ormonale (ad esempio, aumento dell’ormone della crescita e degli ormoni sessuali). 

Questo processo esemplifica l’equilibrio omeorretico, in quanto il corpo cambia stato passando dallo stato di infanzia allo stato di maturità sessuale o adolescenza attraverso lo stato intermedio della pubertà. 

All’adolescenza seguirà lo stato di adulto (colui che ha finito di crescere) o adultità, che si caratterizza per la maturità non solo sessuale ma anche fisica, mentale e relazionale dell’animale.

Vista aerea del cuore dell'azienda Agricola
Vista aerea del cuore dell'azienda Agricola

Considerando questa foto (il nord è in basso e la vista va verso sud), quali patterns posso vedere?

Un pattern a tasselli, non per forza solo quadrati e rettangoli ma anche triangoli e trapezi. Tasselli o tessere di mosaico piene e vuote.

Questo pattern lo vedo

  • nei campi rettangolari della bonifica, alcuni ricoperti di alberi, altri “vuoti” perché a superficie lavorata (orti) o a superficie già inerbita dopo la semina della coltura erbacea (frumento, mais e soia), 
  • nei recinti degli animali, 
  • nei fabbricati rurali strumentali – agriturismi, ricoveri di macchine e attrezzi, fienili e pagliai, legnaie, stalle, mulino – 
  • nei tetti rossi delle costruzioni, 

tutte strutture appartenenti all’ambiente costruito.

L’insieme di fossi, capifossi e canali e di strade e stradine mi porta alla mente il pattern della reteInfatti, siamo in presenza di una rete di drenaggio delle acque meteoriche e di una frazione di una rete di trasporto su strada.

Fra i patterns geometrici, ci sono anche imbuti ovvero cilindri sovrastanti tronco coni, forme presenti nei sili. Nella foto si intravede appena il più grande di tre sili presenti per lo stoccaggio delle granaglie.

Poi c’è la moltitudine di alberi che, a parte i filari di noci piantati sulla presa # 1 nel 1990 (nella foto si vede appena in basso a destra), ho piantato a ondate (un  pattern temporale) tra il 1995 e il 2006, con un massimo di piantumazione nel 1999.

Quali patterns mi mostrano le siepi?

Considerando le chiome degli alberi, direi un pattern sfocato dovuto alla presenza delle foglie alla ricerca della luce solare.

Guardando le siepi, direi 

  • clonone (la siepe può essere divisa filari e i filari nei singoli alberi, arbusti e cespugli che la compongono),
  • piani, quando siepi multifilari,
  • linee rette, osservando i filari alberati delle siepi uni- e multi-filari in direzione nord-sud e 
  • onde fatte di filari di chiome (creste di un’onda) e buchi d’ombra (gole di un’onda) delle fasce ombreggiate variamente inerbite osservando le siepi multifilari in direzione est-ovest.

Lo Stagno delle Nitticore

Schizzo progettuale dello stagno
Schizzo progettuale dello stagno - Anno 1995
Stagno e Duna - Anno 1997
Stagno e Duna - Anno 1997
Stagno - 6 Giugno 2015
Stagno - 6 Giugno 2015
Stagno con ninfee - 10 Aprile 2016
Stagno con ninfee - 10 Aprile 2016
Stagno delle Nitticore - 28 Giugno 2020
Stagno delle Nitticore - 28 Giugno 2020
Stagno - Le due foglie occidentali del quadrifoglio - 24 Ottobre 2021
Stagno - Le due foglie occidentali del quadrifoglio - 24 Ottobre 2021

Anno di realizzazione: 1995

Localizzazione: Presa # 2 Sud e Presa 3 Sud

Profondità massima all’origine: 3 m.

Dimensioni Stagno: 40 m x 35 m + 35 m x 8 m

Superficie: 40 m x 40 m + 35 m x 8 m = 1.600 mq + 280 mq = 1.880 mq.

Lo stagno è costituito da un corpo centrale grossomodo a forma di quadrifoglio 40 m x 35 m e da un corpo all’incirca rettangolare 35 m x 8 m che collega l’angolo nord-est dello stagno alla valle interna alla duna.

Lo stagno è alimentato dall’acqua del pozzo e dalle piogge. Lo stagno perde acqua per evapotraspirazione ed evaporazione.

Lungo le rive, a tratti, crescono alberi, arbusti e piante erbacee perenni 20 Ordini, 32 Famiglie, 54 Specie Perenni.

Felci: Polypodiales ⇔ Dryopteridaceae: Dryopteris filix-mas.

Gimnosperme: Pinales ⇔ Pinaceae: Cedrus deodara.

Angiosperme: Laurales, Lauraceae Laurus nobilis; Alismatales, Alismataceae Alisma plantago-aquatica, Araceae: Arum italicum, Zantedeschia aethiopica; Asparagales, Iridaceae: Crocosmia x crocosmiiflora, Iris florentina, Iris germanica; Arecales, Arecaceae: Trachycarpus fortunei; Poales, Cyperaceae: Carex paniculata, Juncaceae: Juncus effusus, Poaceae: Phragmites australis, Thyphaceae: Thypha angustifolia; Ranuncolales, Ranuncolaceae: Thalictrum aquilegifolium; Malpighiales, Salicaceae: Populus alba, Salix alba, Salix purpurea, Salix cinerea; Fabales, Fabaceae: Albizia julibrissin; Rosales, Moraceae: Morus alba, Rhamnaceae: Frangula alnus, Rosaceae: Crataegus monogyna, Malus sylvestris, Prunus avium, Prunus padus, Prunus spinosa, Pyracantha coccinea, Rosa canina, Rubus ulmifolius, Ulmaceae: Ulmus minor; Fagales, Fagaceae: Quercus petraea, Quercus pubescens, Quercus robur, Juglandaceae: Juglans regia, Betulaceae: Carpinus betulus, Corylus avellana; Myrtales, Lythraceae: Lythrum salicaria, Onagraceae: Epilobium hirsutum; Caryophyllales, Polygonaceae: Rumex crispus; Cornales, Cornaceae: Cornus sanguinea; Ericales, Primulaceae: Samolus valerandi; Lamiales, Lamiaceae: Leonurus cardiaca, Lycopus europaeus, Melissa officinalis, Physostegia virginiana, Oleaceae: Ligustrum vulgare; Solanales, Convolvulaceae: Calystegia sepium; Asterales, Asteraceae: Agrimonia eupatoria, Aster amellus, Eupatorium cannabinum; Dipsacales, Adoxaceae: Viburnum lantana, Caprifoliaceae: Lonicera caprifolium, Valeriana officinalis.

Lo Stagno è un elemento naturale di connessione tra spazi non adiacenti. Lo Stagno connette tra loro (da nord, in senso orario) la macchia boscata La Duna, il Prato a sud dell’Orto Annuale, la Siepe dei Ciliegi, le Siepi di Carpini Bianchi dell’ex Agricampeggio, la Siepe dei Bagolari.

Lo Stagno cattura e conserva l’acqua delle precipitazioni, modera la temperatura e, grazie alle piante arboree che lo circondano, offre riparo dai venti.

Lo Stagno funge da riserva d’acqua per funghi, piante e animali nei periodi di prolungata siccità.

Lo Stagno, in particolare, permette la vita agli insetti acquatici (libellule), agli anfibi (rane, rospi, tritoni) e ai pesci.

Grazie alla presenza di acqua e cibo, è diventato anche un ottimo posto per i colubri di esculapio.

La Stagno offre un posto per la nidificazione delle Nitticore e dei Germani Reali, nonché un’area di pesca per Cormorani e Aironi.

Lo Stagno, con la caduta di rami, foglie, fiori e frutti dagli alberi circostanti e dalle elofite, alimenta continuamente la lettiera sommersa del fondale, offrendo cibo a tutti gli organismi viventi che vivono in essa.

Lo stagno, l’ho progettato e realizzato nel lontano autunno del 1995. 

L’ho fatto scavare a forma di quadrifoglio, con un gambo ricurvo, che da un lato si innesta nella foglia nordorientale del quadrifoglio, dall’altro si insinua dentro una valle a U che si interrompe in prossimità delle due cime della duna, ottenuta con la terra ricavata dallo scavo dello stagno.

La duna l’ho fatta costruire con due vette che fungono da riferimento per le due pareti che corrono parallele a forma di U per livellarsi con il gambo dello stagno. Anche la sezione della valle è una U.

Tale forma della duna l’avevo progettata per realizzare un torrentello che corresse sul fondo della valle, avendo posto nello stagno una pompa elettrica sommersa collegata a un tubo interrato, con diametro da 90 mm, che usciva vicino alla vetta  più bassa della duna: Picco Fabrizio, chiamata col nome di uno dei miei più cari amici. 

Pompa e tubo servivano per portare l’acqua stagnante a circa 6 m di altezza per poi farla scendere ossigenandosi zampillando tra i sassi, con diametri tra i 15 cm i 35 cm, posti sul fondo della valle a U, e ritornare allo stagno. Il punto di pescaggio dell’acqua era situato sulla foglia sudorientale del quadrifoglio, dalla parte opposta dello sbocco del torrente.

Avevo anche costruito un pontile per prendere il sole e tuffarmi nello stagno.

Dopo circa 5 anni, ho tolto la pompa sommersa, ho recuperato il tubo di polietilene nero da 90 mm e ho eliminato il sistema di ricircolo, perché lo stagno aveva raggiunto il suo equilibrio ecologico. Niente più inversioni termiche, niente più morie di pesci.

Dopo una quindicina d’anni ho tolto il pontile le cui tavole e alcuni pali cominciavano a dar segno di marcio.

Il duo Duna – Stagno mima un ecosistema Montagna-Laghetto.

Macchia Boscata la Duna

Censimento Marzo 2020 – Sulla Duna, solo considerando le specie legnose (alberi, arbusti, liane, erbe legnose; sempreverdi e decidue; tutte perenni), erano presenti più di 124 piante tra alberi, arbusti, liane rampicanti ed erbe legnose.

Piante appartenenti a 32 specie botaniche, riunite in 11 ordini (di cui 10 su 64 ordini di Angiosperme), 18 famiglie (di cui 16  su 416 famiglie di Angiosperme).

Gimnospermae: Pinales, Cupressaceae: Juniperus communis e Pinaceae: Abies alba, Larix decidua, Cedrus atlantica, Pinus strobus.

Angiospermae: Laurales, Lauraceae: Laurus nobilis; Sapindales, Sapindaceae: Acer campestre; Fagales, Betulaceae: Carpinus betulus, Fagaceae: Quercus robur (27 piante), Quercus suber, Juglandaceae: Juglans regia (42 piante); Rosales, Rosaceae: Cotoneaster salicifolium, Malus domestica, Prunus spinosa, Prunus armeniaca, Prunus avium, Prunus persica, Rosa canina, Rubus ulmifolius, Ulmaceae Ulmus pumila; Malpighiales, Salicaceae: Salix alba, Salix caprea; Ericales, Ericaceae: Arbutus unedo, Ebenaceae: Diospyros kaki; Cornales, Cornaceae: Cornus mas e Cornus sanguinea; Apiales, Araliaceae: Hedera helix; Lamiales, Oleaceae: Ligustrum vulgare, Lamiaceae: Salvia rosmarinus e Teucrium fruticans; Dipsacales, Caprifoliaceae: Lonicera caprifolium, Adoxaceae: Viburnum lantana.

La macchia boscata La Duna è un elemento naturale di connessione tra spazi non adiacenti. La Duna connette tra loro (da nord, in senso orario) la siepe endecafilare dei Bufali, il fosso # 2, lo Stagno, la Siepe dei Bagolari e il fosso # 1.

La macchia boscata La Duna consuma più CO2 di quanta ne produce, fissandola nel legno delle radici, del tronco e dei rami, contribuendo a diminuire questo gas serra nell’atmosfera. La CO2 viene fissata altresì nel suolo perché le piante passano una gran quantità di essudati radicali alla rete trofica del suolo formata da organismi viventi che “mangiano” gli essudati e così facendo fissano la CO2 nei loro corpi e, una volta morti, nella risultante necromassa.

La Duna cattura e conserva l’acqua, modera la temperatura e ripara dai venti e dalle precipitazioni.

La Duna crea un habitat per gli organismi viventi più protetto dagli agenti atmosferici e dai predatori rispetto a orti, prati ed erbai, favorendo così sia la biodiversità fungina, vegetale e animale, sia la numerosità degli organismi viventi.

La Duna crea al suo interno tanti microhabitat diversificati in funzione (i) dell’esposizione delle superfici al sole e (ii) della posizione delle superfici: interne o esterne alla valle. In particolare, crea un habitat adatto per colubri di Esculapio e biacchi (rispettivamente: Squamata, Colubridae, Zamenis longissimus e Hierophis viridiflavus carbonarius), scoiattoli (Rodentia, Sciuridae, Sciurus vulgaris), volpi (Carnivora, Canidae, Vulpes vulpes) e civette (Strigiformes, Strigidae, Athene noctua).

La Duna, con la caduta di rami, foglie, fiori e frutti, alimenta continuamente la lettiera offrendo cibo a tutti gli organismi viventi che vivono in essa.

Le operazioni di taglio e trinciatura in loco dei rami (prima della caduta naturale degli stessi) e delle operazioni di sfalcio del manto erboso contribuiscono all’incremento dei detriti vegetali nella lettiera fornendo cibo ai decompositori.

PROGETTO PERMACULTURALE PER IL FUTURO DE “LA DUNA”

La copertura delle superfici della duna potrebbe essere progettata per ospitare diversi tipi di piante perenni erbacee ed arbustive eduli e/o medicinali, adatte alle diverse esposizioni (Nord, Est, Sud, Ovest) in pendenza, eliminando alcuni alberi presenti, realizzando così una Multipurpose Polyculture. Vedremo.

Pre Patterns

Pre patterns temporali

  • Cicli (una circonferenza, una linea chiusa), 
  • Transizioni (una linea spezzata aperta), 
  • Eventi direzionali (una linea curva aperta)

Pre patterns spaziali:

  • Lineari, a una dimensione (linee),
  • Planari a due dimensioni (quadrati, rettangoli, rombi, poligoni),
  • Spaziali, a tre dimensioni (prismi, coni, poliedri).

Tali patterns possono presentare due attributi fondamentali opposti: pieno / vuoto.

Pre patterns sistemici:

  • Sharp (contorno del sistema ben definito) / Fuzzy (contorno del sistema sfocato); questo pattern dà un’idea di come i sistemi si separano dall’ambiente,
  • Yin / Yang; presenza nel sistema di un carattere e del suo opposto,
  • Diffuso / Centralizzato (centri urbani, centri decisionali),
  • Olone (il sistema non può essere suddiviso in monomeri) / Clonone (il sistema può essere suddiviso in monomeri).

Patterns

I patterns principali sono i seguenti:

  • Onda
  • Spirale
  • Tassello o Tessera di mosaico
  • Ramificazione
  • Lobulo
  • Globo  Sfera
  • Rete
  • Assenza di Pattern (punti disposti disordinatamente)